Promossi i giovani, rimandati gli educatori

A Educa si è cercato di rispondere al quesito "chi educa oggi?"
Adolescenti e giovani ne sono usciti bene: non hanno ricevuto critiche, non sono state messe loro addosso nuove etichette offensive e denigratorie. Critiche sono state mosse invece all’istruzione come mera trasmissione di conoscenze, all’informazione distorta, al mito della meritocrazia e a un’idea di competizione in base alla quale il successo di una persona si basa sull’”eliminazione” dell’altro. È stato intenso il dialogo “Chi educa oggi?” che ha accompagnato il pubblico che affollava l’aula magna di Palazzo Piomarta (Istruzione) dal pomeriggio alla serata di oggi in un appassionato viaggio dentro al cuore del tema di Educa.

Il sociologo Franco Garelli (Università di Torino), il giornalista Piero Sansonetti (direttore del quotidiano “Il Dubbio”) e l'economista esperto di società civile Stefano Zamagni (Università di Bologna) si sono confrontati su modelli, principi e responsabilità dell’educare oggi in un incontro moderato dal pedagogista Piergiorgio Reggio (presidente della Fondazione Demarchi). 
Nessun rimpianto da parte loro per una presunta età dell’oro dell’educazione. Nessun rifugio in risposte preconfezionate e scontate. Consapevoli di tante sfide nuove, a cominciare dal multiculturalismo, e del fatto che l’educazione interpelli e riguardi tutti, anzi sia un rapporto che cambia sia chi educa sia chi è educato. E che si giochi sul tavolo dell’essere, dell’amare, della reciprocità. 
Garelli ha chiesto di ribellarsi alla visione molto negativa dei giovani, avvallata da tanti opinion leaders:  «Basta con questa visione ultranegativa e denigratoria dei giovani, come fossero tutti dei nichilisti assoluti». Per Zamagni si insiste troppo sull’istruzione, che è trasmettere conoscenze e che è il movimento opposto rispetto all’educare, che significa invece tirar fuori, far emergere. «Oggi – ha proseguito - i nostri ragazzi sono bravissimi a scegliere, ma non sono capaci di decidere. Sono bloccati». Sulla libertà ha osservato come ci siano molte meno coercizioni (quindi più “libertà da”), ma una ristretta “libertà di” progettare e fare. Sansonetti ha analizzato soprattutto ruolo e responsabilità dell’informazione: «La conoscenza che ci viene offerta oggi è distorta». Per spiegarlo ha citato la sproporzione che c’è tra notizie sulla sicurezza (ci sono più morti sul lavoro che quelle generate dalle rapine, ad esempio) che per lui risponde a criteri politici o di mercato. 
Sansonetti ha puntato il dito poi contro gli intellettuali, che hanno abdicato al loro ruolo di critica «che sono in crisi profondissima, impauriti, in una posizione subalterna». Ci si è anche soffermati sul rapporto tra competenza ed educazione e sull’idea di merito. A questo proposito Zamagni ha sottolineato come “competenza” e “competizione” abbiano la stessa radice. Poi ha spiegato che esiste una competizione “posizionale” (secondo la quale “Mors tua, vita mea”, ovvero devo distruggere l’altro se voglio avere successo) e una competizione “cooperativa” (che si sviluppa nel segno dell’inclusione). Il problema per lui è che ci si concentra quasi soltanto sulla prima. Critiche anche alla meritocrazia che sarebbe «la morte della democrazia» perché «prepara a regime oligarchico», nel quale il potere viene messo nelle mani di pochi, di chi dimostra le migliori prestazioni.

La video-intervista a Piero Sansonetti: 

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